Enna – sentenza sull’operazione «Capolinea» della Polizia di Stato: quattro condannati per un totale di circa 30 anni di reclusione

ENNA – sentenza sull’operazione  «Capolinea» della Polizia di Stato: quattro condannati per un totale di circa 30 anni di reclusione. L’indagine condotta dalla Squadra Mobile di Enna  aveva sgominato un gruppo criminale di stampo mafioso, con arresti di diversi soggetti, esponenti della famiglia di “Cosa Nostra” di Enna, nonché dei clan catanesi dei “Santapaola-Ercolano” e dei “Cappello-Bonaccorsi”, che imponevano il pagamento del “pizzo” ad un imprenditore ennese, il quale effettuava lavori di posa della fibra ottica nelle province di Catania e Siracusa ed in alcuni quartieri della città di Catania. 

L’attività di indagine ha permesso di far luce sull’esistenza di collegamenti tra la formazione criminale “Cosa Nostra” della famiglia di Enna e le organizzazioni mafiose riconducibili ai clan “Cappello-Bonaccorsi” e “Santapaola-Ercolano” attive  nel catanese e nei paesi etnei.

Dal complesso delle attività investigative, svolte dalla Sezione Criminalità Organizzata e Straniera della Squadra Mobile di Enna, finalizzate a reperire elementi di riscontro in ordine all’attività di ricostituzione degli assetti delle “famiglie” mafiose attive nel territorio provinciale, emergeva come il prevalente interesse di “cosa nostra” ennese era rivolto alle attività estorsive ai danni di imprenditori. Le indagini esperite permettevano quindi di appurare come le “tecniche” estorsive utilizzate dall’organizzazione mafiosa permanevano quelle di un tempo: la c.d. “messa a posto” perpetrata ai danni di imprenditori tramite la corresponsione di ingenti somme di denaro.

Le attività investigative, disposte e dirette dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – presso il Tribunale di Caltanissetta, sin dalle prime battute confermavano gli esiti di precedenti indagini circa i rapporti tra le associazioni criminali di Enna e le organizzazioni criminali del catanese.

Specificatamente, le attività venivano avviate, monitorando l’ennese LA DELIA Salvatore. Fin da subito venivano registrati, tra l’altro, significativi suoi contatti telefonici ed un imprenditore ennese, Amministratore Unico della ditta, assegnataria di lavori in subappalto, per lo scavo e la messa in opera della fibra ottica, tra l’altro nei Comuni di  Noto (SR), Palazzolo Acreide (SR), Augusta (SR), in alcuni vasti quartieri di Catania e, di recente, a Santa Maria di Licodia (CT).

Risultava, pertanto, come la presenza del LA DELIA Salvatore assicurava all’imprenditore la “necessaria copertura” per potere eseguire in “tutta tranquillità” i lavori in quei territori laddove gli appaltatori sono storicamente soggetti a richieste estorsive da parte delle “famiglie” mafiose sia locali sia da quelle della limitrofa provincia di Catania.

Il LA DELIA, pertanto, a partire dal mese di ottobre del 2016 esercitava il ruolo di tramite  con i referenti delle organizzazioni criminali mafiose del catanese.

In un’altra fase dell’indagine, veniva individuato nel MAZZA Eduardo, uno dei referenti di “cosa nostra” nel comune di Enna, protagonista nella riscossione delle tangenti.

Successivamente, a partire dall’estate 2017, la messa a posto e la protezione venivano concordate dal LA DELIA con MEDDA Antonio Salvatore, personaggio che opera per conto del sodalizio criminale “Santapaola-Ercolano”, gruppo attivo a Catania nella zona del Villaggio Sant’Agata.

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