Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sulla Cultura. Italia Nostra: “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”

«Errare humanum est, perseverare autem diabolicum» afferma un’antica locuzione latina. Nel celebrato PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), il patrimonio culturale, al di là dei proclami, è di fatto assente. L’associazione Italia Nostra chiede al Ministero della Cultura la creazione di “tavoli tematici” che si occupino delle singole voci di spesa, perché se abbiamo ormai perso l’occasione di questo Recovery Plan, abbiamo almeno il dovere di far arrivare quei fondi dove possano dare frutto.

E’ evidente il fatto che, nonostante i chiari nodi critici ancora da sciogliere, e la debolezza strutturale del sistema, acclarati dai dati che raccontano il collasso del 2020-2021, i beni e le attività culturali in questo piano hanno un ruolo secondario rispetto ad altri settori collaterali, come il turismo e l’edilizia. Si ripete ancora una volta la scelta di marginalizzare la spesa culturale: gli stanziamenti sono inferiori al 2,7% del totale e si concentrano lontano dalle strutture territoriali come  biblioteche, archivi, siti archeologici e musei minori, per cadere su pochi siti e soggetti, puntando a creare enormi progetti di riqualificazione e digitalizzazione scelti con criteri oscuri. Anche la sbandierata attenzione per i ‘borghi’ si risolve in un intervento mirato a promuoverne “l’attrattività”, ovvero incentivare il turismo.

Per quanto riguarda la messa in sicurezza sismica restano esclusi tutti, tranne borghi e FEC (Fondo Edifici di Culto), lasciando fuori anche gli edifici monumentali che custodiscono archivi e biblioteche. Dato l’enorme patrimonio culturale italiano, la creazione di giganteschi hub isolati sul territorio, in assenza di un sistema funzionante, diviene parte del problema, non della soluzione. Non vengono neppure intaccati i problemi del settore, fatti di assenza di pianificazione e di fondi per la gestione ordinaria, carenza di personale, lavoro sfruttato e povero e costante esternalizzazione dei servizi e degli introiti culturali. Tutti i problemi che gli addetti ai lavori segnalano da anni. Proprio questi addetti ai lavori sono stati ignorati dal Governo e dal Ministero durante la scrittura del piano.

Archivi e biblioteche compaiono esclusivamente nello stanziamento dedicato alla “digitalizzazione”, descritto in maniera del tutto generica. Il piano contiene spese ingenti, senza che vi sia un organigramma ministeriale in grado di gestire quei processi, date le carenze di personale. Contiene spese per la creazione di 5 giganteschi depositi per situazioni emergenziali, quando le Soprintendenze diffuse sul territorio sono sprovviste di depositi per l’ordinario. E, nonostante parli di turismo sostenibile, fa ricadere gli investimenti ancora su siti strategici e centrali, denominati “grandi attrattori”, ripercorrendo le stesse logiche di fondo che rendono tale il turismo di massa, con tutte le conseguenze di spopolamento e lavoro povero che ne derivano. Interi settori d’intervento sono completamente assenti, a partire dalle risorse umane.

Nonostante sia stato ripetuto fino alla nausea, da esperti del settore e non, quanto la cultura sia fondamentale per trasformare in meglio la nostra società, il nostro Paese, rischiamo dunque di trovarci di fronte all’ennesimo sperpero di fondi pubblici, stavolta con dimensioni mai viste prima. Noi di Italia Nostra non possiamo permetterlo.

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