Il cancro si può abbattere con l’immunoterapia

COPENAGHEN– Arriva la nuova immunoterapia che nel tumore al polmone riduce del 40% il rischio di mortalità e può migliorare del 50% la sopravvivenza libera da progressione rispetto alla chemioterapia tradizionale a base di platino. Una terapia che potrebbe anche sostituirsi alla chemio – che ha una minore tollerabilità e più effetti collaterali – come trattamento di prima linea, ovvero subito dopo la diagnosi. Si tratta del Pembrolizumab, nuova molecola immuno-oncologica che, alla luce di questi risultati, potrebbe davvero diventare una nuova opzione per il trattamento di prima linea dei pazienti con tumore polmonare avanzato, neoplasia che si attesta come la terza per incidenza in Italia con più di 41mila nuove diagnosi stimate nel 2016. I risultati arrivano dallo studio Keynote-024 che è stato presentato oggi in sessione plenaria al Congresso della Società europea di oncologia medica (Esmo) e pubblicato in contemporanea sulla rivista The New England Journal of Medicine.

INFOGRAFICA – I dati sui tumori in Italia e nel Mondo

Lo studio. Lo studio Keynote-024 ha coinvolto 305 pazienti provenienti da 16 paesi con tumore del polmone non a piccole cellule in fase avanzata (con espressione della proteina PD-L1 sulle cellule tumorali superiore o uguale al 50%) e ha evidenziato una sopravvivenza libera da progressione di 10,3 mesi nei pazienti trattati con pembrolizumab rispetto a 6 mesi con la chemioterapia. Buoni anche i dati relativi alla sopravvivenza globale a 6 mesi: con pembrolizumab aumenta dell’80,2% rispetto al 72,4%.

“Siamo di fronte a dati che non si limitano a una significatività solo statistica, ma implicano un impatto concreto nella pratica clinica quotidiana – affermaSilvia Novello, professore di Oncologia Medica all’Università di Torino. “Il 60-70% delle neoplasie polmonari è diagnosticato in fase avanzata di malattia. L’immuno-oncologia finora ha mostrato risultati positivi in seconda linea e prevalentemente nei pazienti con istologia squamosa. Ora queste armi dimostrano di essere efficaci in prima linea, quindi al momento della diagnosi, e anche nell’istologia non-squamosa, che rappresenta la grande maggioranza dei pazienti. Per questi ultimi il vantaggio è significativo perché, se rispondono a determinati requisiti, possono evitare la chemioterapia e aver accesso a farmaci innovativi caratterizzati da una tollerabilità migliore”.

Funziona nel 25% nuovi casi. Il tasso di risposte si è rivelato essere più alto nei pazienti trattati con pembrolizumab rispetto alla chemioterapia (44,8% verso 27,8%), la durata mediana della risposta con pembrolizumab è stata più lunga e gli eventi avversi di ogni grado meno frequenti. “I dati – continua la professoressa Novello – sono impressionanti se si analizzano le curve di sopravvivenza riferite ai pazienti selezionati in base alla maggiore espressione di un biomarcatore, ossia la proteina PD-L1, sulle cellule tumorali”. Il farmaco, efficace sia per fumatori che per i non fumatori, funziona per circa il 25% dei nuovi casi (che sono più di 41 mila l’anno) e potrà quindi andare a circa 10 mila italiani l’anno.

Anche in combinazione. Ma le buone notizie non finiscono qui. Sempre all’Esmo è stato presentato anche lo studio di fase II Keynote-021 – pubblicato su The Lancet Oncology – che ha reclutato 123 pazienti con tumore polmonare metastatico non-squamoso in prima linea. I risultati hanno mostrato un raddoppiamento della risposta tumorale e una riduzione del rischio di progressione o di morte del 47% con pembrolizumab in combinazione a chemioterapia (carboplatino in associazione a pemetrexet) rispetto alla sola chemioterapia, indipendentemente dal livello di espressione di PD-L1. “Lo studio – sottolinea la Novello – ha raggiunto il suo obiettivo primario dimostrando un chiaro vantaggio in termini di risposta obiettiva. Anche sotto il profilo della tollerabilità, la combinazione con la chemioterapia non influisce in modo significativo sull’incidenza degli eventi avversi”.

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Un potenziale risparmio di risorse. Di fronte a questi nuovi dati, gli oncologi iniziano a considerare i biomarcatori come potenziali strumenti per identificare in anticipo quei pazienti che possono maggiormente beneficiare dell’immunoterapia. “Nel prossimo futuro – spiega Novello – la collaborazione fra oncologi e anatomo-patologi, chiamati a indentificare questi parametri, diventerà ancora più importante. Il nostro obiettivo è aumentare la percentuale di pazienti in grado di rispondere alle terapie in funzione delle caratteristiche del tumore da cui sono colpiti”.  E tutto ciò si porta dietro anche un potenziale risparmio per il sistema sanitario. “Sarà infatti possibile in questo modo razionalizzare le risorse – conclude l’oncologa – perché potremo trattare con il farmaco giusto i pazienti selezionati in base alla espressione di PD-L1 sulle cellule tumorali e continuare quindi il percorso nella medicina di precisione”. fonte repubblica.it http://www.repubblica.it/oncologia/news/2016/10/09/news/copenaghen_il_polmone_sotto_attacco_il_cancro_si_abbatte_con_l_immunoterapia-149402287/

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