Gattuso confermato direttore del Parco archeologico di Gela

Il 15 giugno scorso sono stati nominati, con decreti assessoriali, tutti i nuovi direttori dei Parchi archeologici siciliani: soltanto due di essi sono archeologi, quello di Naxos e quello di Leontinoi; la gran parte sono architetti, mentre due sono geologi, quelli di Siracusa e di Catania, e uno agronomo, quello di Selinunte – Cave di Cusa – Pantelleria. Quest’ultimo era dirigente del Centro per l’Impiego di Trapani, con una lunga carriera nei Consorzi di Bonifica e non ha mai svolto servizio nell’Assessorato dei Beni Culturali, come del resto, i nuovi direttori del Parco di Catania e del Parco di Himera. Chiudono il tourbillon di nomine gli incarichi di direttore del Museo Pepoli di Trapani a un’agronoma e della Galleria d’Arte di Palazzo Bellomo a una geologa, che ha già rivestito lo stesso incarico.

Per il Parco archeologico di Gela è stato confermato direttore l’architetto Luigi Maria Gattuso. Il Parco comprende i musei regionali, le aree archeologiche, i siti minerari dell’intera provincia di Caltanissetta.  

cora una volta prendiamo atto che la selezione della classe dirigente degli Istituti regionali di tutela non avviene sulla base di una valutazione meritocratica, trasparente, dei titoli scientifici e di servizio, ma addirittura prescinde dallo stesso possesso dei requisiti professionali richiesti dalle leggi regionali e nazionali. Infatti, che la responsabilità dei compiti di tutela e valorizzazione dei beni archeologici debba essere assegnata ad archeologi, con un ben determinato curriculum, è prescritto chiaramente dall’art. 9 bis del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, come attuato nel D.M. 244/2019.

Infine, alcune nomine contravvengono la stessa legge regionale n. 20/2000, che ha istituito il sistema dei Parchi archeologici siciliani, la quale prevede, all’articolo 22, comma 1, che «l’incarico di direttore di Parco è conferito, a tempo determinato, dall’Assessore ad un dirigente tecnico in servizio presso l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali».

Si attendono adesso, con viva preoccupazione, le nomine di centinaia di responsabili delle unità operative degli Istituti di tutela: postazioni direttive che solo in Sicilia sono considerate incarichi dirigenziali con conseguente aggravio finanziario e, soprattutto, nessuna garanzia del rispetto dei requisiti professionali richiesti dalle mansioni tecnico scientifiche rivestite. Da molti anni, infatti, le sezioni archeologiche, storico-artistiche e bibliografiche sono affidate alla responsabilità di architetti, ingegneri e geologi. Mentre le stesse posizioni, dal Ministero della Cultura, sono assegnate regolarmente ai funzionari direttivi archeologi, archivisti, bibliotecari, storici dell’arte, che certamente non mancano nei ruoli del Dipartimento regionale. Ad aggravare questo caos organizzativo è giunto il D.P.R.S. n. 9 del 5 aprile 2022, pubblicato in GURS il 1° giugno 2022, con il quale l’esecutivo regionale ha soppresso la distinzione disciplinare delle Sezioni tecnico scientifiche, prevista dalla L.R. 80/1977 ancora vigente, e dei rispettivi direttori che, ai sensi della L.R. 116/1980, hanno la competenza di emanare gli atti di tutela relativi: l’archeologo per i beni archeologici, lo storico dell’arte per quelli storico artistico e via di seguito. È infatti la competenza scientifica delle strutture di tutela che assicura la legittimità degli atti emessi in ottemperanza al dettato dell’art. 9 della Costituzione.

Insomma: sovvertendo la gerarchia delle fonti del diritto, poiché fa prevalere un atto amministrativo su una norma legislativa, il Governo regionale non solo sopprime le Sezioni tecnico scientifiche delle Soprintendenze, ma trasforma i “Parchi archeologici siciliani” da organi di tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico e paesaggistico di ben individuati ambiti territoriali in megaservizi burocratici che dovrebbero gestire tutte le aree archeologiche e i musei provinciali, senza personale direttivo scientifico.

Cui prodest – ci chiediamo – questa ennesima, preoccupante “disorganizzazione” del sistema di tutela dei beni culturali in Sicilia?