È morto Andrea Camilleri, un maestro a tutto campo nato per raccontare storie

Il grande scrittore siciliano è morto oggi a 93 anni. Dai romanzi al teatro fino alle prese di posizione sulla politica, l’Italia piange uno dei suoi più grandi autori contemporanei.

E’ morto Andrea Camilleri. “Se potessi, vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e alla fine del mio cunto passare tra il pubblico con la coppola in mano”. Così rispondeva Andrea Camilleri a chi gli chiedeva come mai a 93 anni non si fosse ancora deciso ad andare in pensione, come mai nonostante gli occhi che da tempo si erano spenti, continuasse a impastare realtà e fantasia in quella sua lingua eccezionale, il vigatese, che non aveva alcun corrispettivo nella realtà ma che finiva per essere più concreta che mai. Non si può smettere di fare ciò per cui si è nati. E il Maestro siciliano, morto stamattina a Roma, era nato per raccontare storie.

Lo faceva a dispetto degli anni e della malattia, lasciandosi guidare sulla pagina bianca dalla sua fedele assistente, Valentina Alferj, depositaria della lingua e dei segreti di Montalbano. Lo faceva salendo sul palcoscenico del Teatro Greco di Siracusa per impersonare Tiresia, l’indovino tebano cieco che compare già nell’Odissea per indicare a Ulisse la via del ritorno. Un personaggio scelto per affinità elettive, cieco eppure in grado di fare luce con le proprie parole. Lo faceva anche in questi ultimi giorni, mentre preparava il suo debutto alle antiche Terme di Caracalla, con lo spettacolo Autodifesa di Caino. E lo faceva, soprattutto, dando corpi e misteri in pasto a Salvo Montalbano, il personaggio che ha accompagnato i suoi ultimi 25 anni di vita.

Era il ’94 quando Sellerio portava in libreria La Forma dell’Acqua, primo romanzo della serie incentrata sulle indagini del commissario siciliano. Romanzo dopo romanzo, ne sono usciti trenta, Montalbano – di cui Camilleri parlerà sempre come se fosse vero e vivente, quasi un suo alter ego – ebbe così tanto successo da spingere nel territorio del giallo anche chi, prima di lui, non aveva alcuna dimestichezza con il genere.

Ospite fisse del vertice delle classifiche librarie, deve il suo nome allo scrittore spagnolo Manuel Vazquez Montalban che di Camilleri fu grande amico e la sua longevità a Elvira Sellerio: avrebbe dovuto terminare la sua carriera con il secondo romanzo, Il cane di terracotta, ma l’editrice richiamò lo scrittore per chiedergli quando sarebbe arrivato il terzo libro. Lui rispose mai, lei oppose il resoconto delle vendite. Fortunatamente per i lettori, l’ebbe vinta Sellerio e Camilleri continuò a scrivere. Conservò intatta la sua passione per le indagini mnemoniche, ma cambiò le carte in tavola, introducendo nuovi personaggi e iniziando a sporcare le storie con la realtà: il G8 di Genova, l’immigrazione, la corruzione sugli appalti pubblici… Ben poche miserie umane e italiane sono rimaste estranee alle indagini di Montalbano così come, un romanzo dopo l’altro fino a Il cuoco dell’Alcyon, uscito il 30 maggio e già in testa alle classifiche, si fece strada la paura della vecchiaia. Il commissario, appena cinquantenne, iniziò a interrogarsi sul mondo che lo circondava: era ancora in grado di comprenderlo? E fino a quando?

Dubbi che Camilleri ha condiviso con il suo personaggio, in una dialettica tra vita letteraria e reale che ha pochi uguali nella storia del giallo. Camilleri si interrogava sull’Italia e rispondeva senza sottrarsi ai temi politici più scottanti. Recentemente aveva criticato Matteo Salviniper il suo comizio con il rosario, sollevando uno scandalo tra quanti vorrebbero che uno scrittore si limitasse ai suoi romanzi, ma confermando quello che i suoi lettori sanno da sempre: il maestro scriveva e diceva solo ciò che pensava.

A testimoniarlo nella sua lunga bibliografia, anche un bellissimo libro-confessione affidato a Saverio Lodato – La linea della Palma – in cui si abbandonava ai ricordi di una vita, dalla Sicilia durante il regime fascista alla Liberazione, dall’impegno come militante del Pci all’opposizione morale a Silvio Berlusconi, dalla mafia – che ammetteva di tenere ai margini dei gialli per non eleggerla ad arte –  ai problemi della giustizia.

Parlava anche dei suoi difficili esordi come uomo di spettacolo: prima aiuto-regista di Orazio Costa dopo un turbolento apprendistato all’Accademia d’ arte drammatica a Roma, e in seguito regista in proprio, oltre che per trent’anni funzionario Rai addetto alla prosa radiofonica e produttore in televisione di pièces teatrali.

Quando parlava della sua vecchiaia, pur sottolineando le difficoltà di un corpo che non rispondeva più alla velocità della mente, non si lasciava mai andare a rimpianti o paure. Appariva sereno, la voce arrocchita dalle migliaia di sigarette fumate, i ricordi dell’infanzia nitidi davanti agli occhi. La chiamava presbiopia della memoria, diceva che con la vecchiaia l’infanzia precipitava addosso. Ricordava la grande casa dei nonni a Porto Empedocle, la solitudine di un bambino che cresceva coltivando un talento da affabulatore, il gusto per il dettaglio, l’attenzione al particolare. Caratteristiche che da adulto porterà nella sua professione – sceneggiatore, regista e drammaturgo, ben prima che giallista.

La sua carriera da scrittore iniziò infatti in sordina, con la pubblicazione de ll corso delle cose nel 1978 e continuò in tutti questi anni alternando ai romanzi storici, tra cui il formidabile Birraio di Preston, i gialli di Montalbano. Continuerà anche domani: c’è un altro Montalbano in attesa di essere pubblicato. Andrea Camilleri lo scrisse anni fa e lo consegnò a Sellerio perché lo conservasse in cassaforte con l’obbligo di pubblicarlo solo dopo la sua morte. L’uscita di scena del commissario, il suo addio definitivo alla vita letteraria, non avverrà con un colpo di pistola e neppure davanti all’altare, con buona pace di chi aspetta da un quarto di secolo che convoli a nozze con Livia.

Montalbano ci lascerà nel momento in cui comincerà a pensare al suo doppio, cioè a Luca Zingaretti l’attore che in vent’anni ha portato le sue indagini davanti a più di un miliardo di spettatori. Come questo avverrà è tutto da leggere. Nell’attesa non ci resta che ringraziare Camilleri per il suo ultimo colpo di teatro, il regalo di un uomo che ha sempre vissuto come voleva, circondato dalle parole. E che se ne è andato così come sognava: raccontandoci storie. Fonte: Di Stefania Parmeggiani, repubblica.it

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