Operazione “EFFETTO DOMINO”. 4 arresti a Caltanissetta

CALTANISSETTA – Stamane la Polizia di Stato ha dato esecuzione a quattro ordinanze di applicazione di misura cautelare in carcere, emesse dal G.I.P. del Tribunale di Caltanissetta, su richiesta della locale Procura della Repubblica.

Sono stati raggiunti dalla misura cautelare: Calandra Checco Domenico Giovanni, 28 anni di Santa Caterina Villarmosa;

la nissena Tortorici Genifer, 28 anni,

sua sorella Tortorici Catena, 30 anni;

 Nicosia Rosario, 67 anni, zio delle due donne,

originario di Riesi ma da anni residente a Caltanissetta. Tutti sono stati indagati per il reato di concorso in rapina, di porto abusivo d’armi e detenzione illegale di munizionamento per essersi impossessati, nel mese di ottobre del 2016, di una pistola calibro 357 Magnum-marca Taurus, e di due pacchi contenenti 150 munizioni, all’interno di una nota armeria di Caltanissetta, dopo aver stordito il titolare della stessa somministrandogli una bevanda narcotizzata; inoltre, Calandra Checco Domenico Giovanni e Tortorici Genifer sono stati anche indagati per il reato di furto in abitazione per aver sottratto, in data nell’aprile del 2016, una pistola in danno di un uomo di San Cataldo (all’epoca dei fatti fidanzato della Tortorici Genifer).

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L’indagine condotta dalla Squadra Mobile – sezione Narcotici, guidata dalla d.ssa Marzia Giustolisi, aveva la sua genesi in data 06.10.2016, quando un armiere nisseno, all’interno del suo esercizio commerciale di Caltanissetta, veniva materialmente rapinato dell’arma e delle munizioni sopra menzionate dalla Tortorici Genifer, la quale, fingendo di essere intenzionata a consumare un rapporto sessuale con l’uomo all’interno dell’armeria, si introduceva al suo interno, somministrandogli una bevanda narcotizzante e stordendolo, così da consentirle di agire comodamente all’interno dell’armeria e sottrarre arma e munizioni. Per tali ragioni, il Questore della Provincia di Caltanissetta aveva disposto la sospensione della licenza di vendita in quanto l’armiere, rivelando mancata accortezza, aveva abusato della licenza permettendo alla Tortorici Genifer che non ne aveva titolo, di entrare più volte all’interno della sua armeria. Dopo le primissime battute investigative, in particolare dalla visione delle immagini riprese all’interno dell’armeria, emergeva chiara anche la responsabilità di Tortorici Catena la quale, durante la rapina, aveva fatto da “palo”, servendosi della compagnia dei suoi figli minori per non destare alcun sospetto della sua presenza sul posto. Durante le perquisizioni effettuate nei momenti immediatamente successivi alla rapina, venivano sequestrati indumenti utilizzati dalla Tortorici Genifer durante la rapina ed un cellulare, di cui la donna aveva cercato di distruggere durante le fasi della perquisizione.

Tortorici Genifer, in data 08.10.2016, veniva sottoposta a fermo da parte del PM in quanto si era presentata presso questi Uffici per dichiarare platealmente di essere in possesso dell’arma sottratta al Ciulla e di avere intenzione di usarla contro quest’ultimo.

Ne nasceva un procedimento autonomo che portava la Tortorici, dopo un periodo di carcerazione preventiva di 9 mesi (terminata nel luglio 2017 e degradata alla misura degli arresti domiciliari cui la donna si trovava sottoposta fino ad oggi), alla condanna in primo grado a 4 anni di reclusione, all’esito di rito abbreviato, per rapina della pistola in danno del Ciulla e delle munizioni.

Parallelamente, l’attività investigativa di questa Squadra Mobile continuava il suo corso e permetteva di cristallizzare chiari ed inconfutabili elementi a carico degli indagati che permettevano di individuare chiaramente i ruoli di mandante, esecutore e “pali”.

Infatti, dagli accertamenti tecnici effettuati sul telefono di Tortorici Genifer, emergeva una serie impressionante di messaggi whatsapp la quale certificava in maniera chiara la fase di pianificazione e di organizzazione della rapina in danno del Ciulla: Tortorici Catena, infatti, veniva colta mentre invitava più volte sua sorella Genifer a fare avances in danno dell’armiere, a stordirlo con una bevanda narcotizzante e rubargli arma e munizioni a beneficio del Calandra Checco; i messaggi intercorsi con Calandra Checco Domenico Giovanni, inoltre, certificavano il ruolo d’ispiratore, mandante ed organizzatore della rapina. L’intercettazione di colloqui in carcere della Tortorici Genifer permetteva di rilevare che il Calandra Checco si occupasse anche del sostegno economico della carcerazione della Tortorici Genifer, la quale gli mandava, attraverso la sorella, messaggi di rassicurazione che non avrebbe mai confessato a chi avesse dato l’arma e le munizioni rapinate.

Inoltre, l’analisi delle immagini estrapolate da telecamere vicine al luogo della rapina, dei dati emersi dalla grossa mole dei tabulati di cella e dei telefoni degli indagati ha consentito di stabilire che la Tortorici Genifer si era fatta accompagnare da suo zio Nicosia Rosario nell’ultimo sopralluogo effettuato prima della rapina; che, durante la rapina, lo stesso Nicosia Rosario, aveva svolto la funzione di “palo” all’interno della sua autovettura e agevolato la fuga della Tortorici Genifer dal luogo del fatto.

Dopo la rapina, la Tortorici Genifer, in compagnia di suo zio Nicosia Rosario, si era recata proprio a Santa Caterina Villarmosa per consegnare la refurtiva a Calandra Checco, per poi tornare a casa e festeggiare con sua sorella Tortorici Catena per il successo conseguito, come emerso da alcuni messaggi whatsapp scambiati tra la Tortorici Genifer ed il Calandra Checco nelle ore immediatamente seguenti la rapina.

Infine, nel corso delle indagini tecniche effettuate sull’autovettura di Nicosia Rosario erano emersi chiari riferimenti al furto di una pistola commessa dalla Tortorici Genifer e dal Calandra Checco, in qualità di mandante: l’attività investigativa svolta al riguardo consentiva di risalire alla vittima di quel furto, un sancataldese di 33 anni, il quale, durante un periodo di relazione sentimentale con la Tortorici Genifer, era stato vittima del furto di una pistola semiautomatica marca “Beretta” 9×21, custodita all’interno della sua abitazione di campagna che la Tortorici frequentava.

Nel corso delle perquisizioni, nell’abitazione del Calandra Checco, veniva rinvenuta la pistola marca Taurus che era stata rapinata all’armiere, a conferma del suo ruolo di mandante e organizzatore della rapina; nonché moltissime munizioni.

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